Spezie: storia di un’intramontabile passione

27 Gen, 2019 da

spezieL’assunzione delle spezie descritte in questo libro va effettuata esclusivamente sotto la supervisione di una qualificata Maga delle Spezie.”

Scrive Chitra Banerjee Divakaruni nell’Avvertenza per i lettori del suo libro “La Maga delle Spezie”.

In effetti, le spezie vanno maneggiate con cura. Come tutto ciò che ha portentosi effetti, infatti, può essere anche “pericoloso” se impiegato maldestramente e senza l’adeguato rispetto.

Continua poi la Divakaruni, all’inizio del capitolo 1, “Sì, possiedono tutte un pizzico di magia, anche le spezie che quotidianamente gli americani (il libro è ambientato in parte negli Stati Uniti) spargono sulle pietanze senza pensarci troppo”.

Ma cos’è questa “magia”? Perché le spezie vengono definite “magiche” e, se non addirittura magiche, quanto meno molto preziose come nell’antichità sono sempre state considerate?

Non dimentichiamo, infatti, che le spezie ricorrono negli antichi testi sacri delle religioni di tutti i popoli. Nel Cantico dei Cantici, ad esempio, si legge nell’Invito alla sposa “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo con ogni specie d’alberi da incenso, mirra e aloe con tutti i migliori aromi”. E nella Genesi Giuseppe viene venduto in schiavitù dai suoi fratelli a mercanti di spezie.

Possiamo ipotizzare che la loro nomea derivi dal fatto che per molto tempo esse sono state considerate un bisogno primario, per soddisfare il quale – chi poteva – era disposto a spendere qualsiasi cifra. Anche il fatto di provenire da paesi esotici, lontani e per molto tempo della storia dell’uomo considerati irraggiungibili, ha contribuito all’aura di preziosità delle spezie.

Le spezie svolgevano un tempo, inoltre, un insieme di funzioni – di gratificazione, di ostentazione, ma anche di confort psicofisico – che le rendeva indispensabili per la vita umana. Non dimentichiamo che un tempo molti dei prodotti che oggi hanno soppiantato le spezie nel soddisfacimento di questi bisogni (cioccolato, caffè, tè, tabacco) non esistevano. Non esistevano, insomma, altri eccitanti naturali…

Le spezie hanno avuto un ruolo importante nella storia sin dalla loro scoperta. Nel mondo antico e medievale erano tra i prodotti di maggior valore, che da soli giustificavano l’apertura di nuove rotte commerciali. Le spezie, ad esempio, furono il motivo principale per cui il navigatore portoghese Vasco de Gama aprì la rotta per l’India e furono anche uno dei motivi che spinsero Cristoforo Colombo a cercare una rotta rapida e sicura per le Indie. Colombo cercò finanziatori attratti dalla possibilità di avere sempre nuove spezie da commerciare.

Perché un interesse per le spezie tale da giustificare gli ingenti investimenti che stavano alla base di spedizioni quali quelle sopra ricordate?

Per prima cosa non bisogna dimenticare che il nostro “ideale” di cucina, il sistema dei sapori che oggi ci sembra naturale è assai diverso da quello che, sino a circa due secoli or sono, gli uomini giudicavano migliore e ricercavano nei cibi e nelle ricette.

La cucina italiana ed europea di oggi tende a distinguere analiticamente i sapori nelle loro articolazioni principali (agro, dolce, salato, amaro, piccante…) assegnando loro un ruolo ed un ordine preciso sia nei cibi sia nell’ordine delle vivande.

Si ritiene che la cucina debba rispettare il più possibile il naturale sapore di ciascun alimento, di volta in volta diverso, tenendo in qualche misura distinto ciascun ingrediente principale. Semplici regole, oggi quasi comunemente accettate, che sono il frutto di una piccola “rivoluzione” avvenuta soprattutto in Francia a cavallo tra XVII e XVIII secolo.

Ben differenti erano invece i modelli della cucina antica, nella quale riscontriamo una notevole continuità, dalla cucina romana alla gastronomia rinascimentale: modelli basati soprattutto sull’idea di “artificio” e di mescolanza dei sapori.

Secondo la scienza medica del tempo era sano ed equilibrato il cibo che contenesse in sé tutte le qualità nutrizionali e in cui tutti i sapori fossero presenti; compito del cuoco era quello di combinare e modificare il gusto naturale dei cibi in qualcosa di inedito, diverso, “artificiale”. Questo risultato si otteneva con la mescolanza dei sapori, con l’uso di coloranti, con sapienti metodi di cottura, con il frequente e massiccio ricorso a salse e spezie.

La cucina romana di età imperiale era caratterizzata soprattutto dal gusto agrodolce e da una spiccata predilezione per i cibi piccanti; costante era l’utilizzo di aceto e miele, di salse agre o piccanti ottenute con l’uso di erbe, bacche, radici e, già a partire dal primo secolo d.C., del pepe, importato dal vicino Oriente e che ottenne subito un travolgente successo.

Nell’alto Medioevo l’incontro con la cultura alimentare araba contribuì al delinearsi di un gusto nuovo, seppure saldamente ancorato ai caratteri di fondo della cucina romana. Con gli arabi giunsero in Europa due prodotti chiave per la trasformazione del gusto: gli agrumi e lo zucchero di canna, che, progressivamente, sostituirono l’aceto ed il miele rendendo più morbido il contrasto agro-dolce.

Gli Arabi rappresentarono inoltre per alcuni secoli il principale collegamento tra l’Europa e l’Oriente, e quindi con il mercato delle spezie; solo intorno all’anno Mille i mercanti italiani apriranno varchi e scali di approdo in quella direzione, soppiantando i mercanti arabi ed orientali nella fornitura di spezie.

L’apporto della cucina araba all’uso delle spezie nella cucina europea è oggi assai controverso; in ogni caso, durante l’alto Medioevo il gusto delle spezie assunse caratteristiche sempre più diversificate rispetto alla cucina romana.

Circola ancora oggi l’opinione, che gli studiosi hanno da tempo dimostrato infondata, che l’uso delle spezie nell’antichità fosse finalizzato soprattutto alla conservazione dei cibi ed a mascherare con sapori forti e contrastati l’uso di carni e pesci mal conservati o putrescenti.

Si tratta di un vero falso storico, contraddetto da tutti gli antichi trattati di cucina e dalle ricerche storiche: basti ricordare che l’uso delle spezie, per il loro alto costo, era di fatto appannaggio delle classi più ricche, di coloro, cioè, che potevano permettersi di acquistare e consumare, secondo l’uso medievale, selvaggina di giornata, carni freschissime – non frollate o macellate al momento dell’acquisto – e pesci appena pescati. Inoltre, tutti i ricettari insegnano che le spezie vanno aggiunte alle vivande “all’ultimo istante”, poco prima del consumo.

Altri erano i modi per conservare a lungo i cibi: la salagione, l’affumicatura, l’aceto o le salamoie…

In realtà la cucina delle spezie, dei sapori contrastanti ed avvolgenti, trova la propria giustificazione nella scienza, la moda, la cultura dell’epoca, che, insieme alla tradizione gastronomica, concorrono a definire una vera e propria scelta di gusto.

La scienza medica medievale, inoltre, attribuiva alle spezie un ruolo importante nel processo di digestione: si riteneva infatti che il “calore” generato dalle spezie aiutasse la “cottura” dei cibi nello stomaco favorendone una più rapida ed efficace assimilazione. Questa opinione, che trova non pochi riscontri scientifici nella dietologia moderna, è ancora assi diffusa, si pensi al valore digestivo che viene attribuito al peperoncino…

Le spezie giocavano un ruolo importante nell’immaginario collettivo, circonfuse com’erano dal magico alone dell’Oriente; si suggeriva addirittura che crescessero sugli alberi del Paradiso terrestre, richiamando così l’idea della felicità dell’Eden.

A causa del loro costo proibitivo, le spezie rappresentavano anche un vero e proprio status symbol della cucina di corte; almeno sino al XVI secolo l’uso delle spezie continua ad essere un segno di distinzione, al punto che alcuni ricettari prevedono che se ne possa aumentare o diminuire l’utilizzo (e quindi la spesa) proporzionalmente alla condizione sociale dell’anfitrione.

Troppo lungo sarebbe qui ricostruire i passaggi che, nell’arco di quasi dieci secoli, portarono ad un parziale declino della cucina delle spezie ed all’affermarsi, soprattutto ad opera dei cuochi francesi tra Sei e Settecento, di quell’ideale di “cucina naturale” di cui abbiamo parlato all’inizio.

Certo è che l’uso delle spezie in cucina, come quello delle erbe, non è mai del tutto decaduto; al contrario oggi, con l’affermazione e la diffusione di culture gastronomiche diverse, soprattutto orientali, la diffusione delle spezie conosce una sorta di “nuovo rinascimento”.

Usate anche in piccole quantità, le spezie possono ancora oggi cambiare e migliorare la fisionomia di un piatto.

A questo punto dobbiamo anche chiederci cosa vada compreso sotto il nome di “spezie”.

Non esiste una definizione chiara ed univoca; infatti il termine “spezie “ si usa, in cucina, per designare tutti i rappresentanti del gruppo, incluse le erbe aromatiche, intendendo indicare tutti i prodotti vegetali caratterizzati dalla presenza di particolari sostanze stimolanti l’attività secretoria dell’apparato digerente.

Ogni spezia/erba presenta un aroma e un sapore particolare in rapporto agli oli volatili in essa contenuti che differiscono da pianta a pianta per qualità e quantità.

In generale, da un punto di vista botanico, possiamo definire “spezie” le radici, i fiori, i frutti, la corteccia e i semi di piante annuali e biennali; mentre sono definite “erbe aromatiche” le foglie e i germogli della pianta.  La natura ci offre una gamma quasi infinita di odori e di sapori.

Abbiamo così:

  • le spezie, droghe che oltre a dare un aroma lasciano nella pietanza un sapore pronunciato: pepe, peperoncino, noce moscata, cannella, chiodi di garofano, ecc. (quasi tutte costituite dal seme della pianta).
  • Poi le erbe aromatiche i cui aromi sono assicurati dalle piante appartenenti a due famiglie botaniche: le Labiate (menta, timo, salvia, origano, basilico, ecc.) e le Ombrellifere (finocchio, cumino, anice, coriandolo di cui si utilizzano i semi).
  • Infine altri “odori” che appartengono agli ortaggi comunemente usati (aglio, cipolla, sedano, ecc.).

Le essenze che caratterizzano le erbe aromatiche e le spezie sono estremamente volatili e termolabili: per utilizzarne appieno le proprietà non devono mai essere cotte, ma vanno generalmente aggiunte qualche istante prima di togliere la pietanza dal fuoco o direttamente nei piatti.

Continueremo prossimamente con approfondimenti su spezie e Medicina Cinese, consigli per l’utilizzo, gli abbinamenti migliori e altro ancora, oltre a qualche ricetta, nelle prossime settimane. Tornate a trovarmi!

Infine, un consiglio di lettura sull’argomento: tra i tanti libri che ho letto quello più completo sotto il profilo storico (e pure più bello secondo me) è quello di Jack Turner “Spezie. Storia di una tentazione” – Araba Fenice

 

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