Evoluzione e crescita personale in pratica

1 Apr, 2015 da

pianta nella mano 2Abbiamo visto nei giorni scorsi cosa si possa intendere quando si parla di “evoluzione personale” e quale si possa suggerire sia il suo fine ultimo.

Oggi proviamo a capire insieme come possiamo sostenere questo cammino di evoluzione personale, che si inserisce all’interno dell’evoluzione più ampia dell’Universo e del Mondo intorno a noi. Proverò a dare qualche idea, qualche suggestione, tentando di delineare qualche elemento a mio parere  utile per percorrere questo cammino:

  1. Assenza di giudizio, che significa accettazione completa di se stessi e degli altri
  2. Consapevolezza
  3. Lasciar fluire, mollare la presa, non controllare. Se una cosa viene difficile, non sei nel flusso.
  4. Sentire autenticamente che tutto ciò che accade è il meglio per noi, che tutto è latore di un messaggio che va compreso
  5. Sentire che siamo già divini e perfetti, che il nostro è un “ritorno a casa”, quella che abbiamo dentro, non è una conquista di nuovi mondi
  6. Mettere a frutto i nostri talenti, individuandoli prima, accettandoli poi. Non esiste un talento superiore ad un altro o politicamente più corretto di un altro
  7. Trovare il nostro modo di esprimerci, di esprimere il talento che abbiamo
  8. Investire su noi stessi, sui nostri talenti e sui talenti degli altri. Aiutare chi ha un talento e vuole metterlo a frutto, anche perché tutto ci verrà restituito e pure “con gli interessi” e avremo contribuito all’evoluzione del Mondo
  9. Cercare la bellezza perché “la bellezza salverà il mondo”. E non sto certo parlando della bellezza patinata da copertina
  10. Usare la felicità come parametro per capire se una cosa è bene per me. Chiedersi sempre: questa cosa, questa persona, questa situazione, mi rende davvero felice? Non mi rende felice? Allora lo abbandono, lo lascio andare.

Un bel decalogo, certo, ma come lo mettiamo in pratica? Dato che viviamo nel mondo e non sulla cima di una montagna, visto che la vita di tutti i giorni è il nostro banco di prova e questa vita è sempre più complessa, dato che gli strumenti a disposizione, le possibilità fisiche e i cammini sono diversi per ognuno di noi, cosa possiamo fare?

La prima buona notizia è che tutti possiamo fare qualcosa.

Magritte occhio

Sulla consapevolezza, ad esempio, possiamo lavorarci sempre, mentre viviamo la nostra vita quotidiana: possiamo iniziare un percorso di meditazione e meditare tutti i giorni in maniera formale e/o meditare grazie ogni cosa che facciamo in modo informale. Tich Nath Han dice che si può meditare anche lavando i piatti, basta farlo con consapevolezza. Possiamo iniziare mettendo attenzione a quello che facciamo durante la giornata, al respiro, a quello che mangiamo e a come mangiamo, possiamo iscriverci ad un corso di yoga per acquisire, tra le altre cose, maggior consapevolezza del nostro corpo, possiamo fare arti marziali, possiamo leggere, scrivere, camminare. Ogni cosa può diventare occasione di consapevolezza, basta porre attenzione e osservare. Anche un solo momento di consapevolezza al giorno può costituire l’avvio di un cammino di evoluzione personale.

Essere consapevole, ad esempio, di quel che diciamo e di quel che pensiamo ci permetterà di renderci conto di quanto giudichiamo noi stessi e gli altri e questa consapevolezza ci farà presto comprendere quanto ci sia necessario agire senza giudicare, senza modelli da raggiungere o pretese di perfezione.

Il solo perseguire questi due obiettivi è già molto impegnativo e sorge dunque spontanea la domanda di come fare a raggiungerli. Due possono essere i modi: attraverso il lavoro su noi stessi e attraverso il gioco.

Proviamo così ogni tanto a mollare la presa, a non controllare. Inizialmente magari meglio in un ambito per così dire “protetto”, all’interno di un seminario, di un gruppo.

 

uomo scimmiaHo parlato di “mollare la presa”, in che senso? Per provare a spiegarvelo vi racconto ora come catturano le scimmie in Indonesia. Si mette un’arancia in una grossa zucca vuota con una piccola apertura; la scimmia ci infila la zampa, prende il frutto, ma non riesce più a tirar fuori la zampa se chiusa a pugno. E, dal momento che non vuole mollare l’arancia, rimane lì incastrata e viene catturata. Basterebbe mollare l’arancia, mollare, appunto, la presa e sarebbe libera.

Quanto a noi, quindi, qual è la nostra arancia? Cos’è che non riusciamo a mollare? Forse un risentimento, un rimpianto, una preoccupazione, una ferita del passato, un senso di colpa, una convinzione

Molte sono le convinzioni limitanti che ci impediscono di vivere sereni e bloccano la nostra crescita personale, tenendoci, a tutti gli effetti, prigionieri.

In questo modo agiamo come la scimmia che non si rende conto che ci sono altre arance che potrebbe raccogliere sugli alberi arrampicandovisi liberamente, mentre rimane imprigionata a causa di quell’arancia sulla quale non vuole “mollare la presa”. Quanta energia sprecata! E quante occasioni perse! Quanti di noi perdono la vita per la paura di allentare i pugni con cui stringono ciò che credono indispensabile…

Ricordiamoci solo che quando molliamo la presa abbiamo entrambe le mani libere e possiamo accogliere ciò che arriva, possiamo vivere il qui e ora.

pennello talentoRiguardo invece ai talenti, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Se sappiamo già quale sia, smettiamola di cercare alibi. Il tempo si trova per quello che giudichiamo davvero importante. Se non troviamo tempo per esercitare il nostro talento, significa che non lo giudichiamo prioritario e invece è vitale dargli voce, farlo esprimere. E teniamo a mente che cercare ed esercitare il proprio talento non è affatto un atto egoistico, perché, se esprimiamo il nostro talento, staremo meglio e se stiamo meglio noi, starà meglio anche chi ci circonda e saremo di esempio per amici e figli.

Esercitiamo il nostro talento per il solo gusto di farlo! Quando parlo di talento – ribadisco – si può trattare di qualsiasi cosa, non necessariamente dipingere, suonare o scrivere. È un talento anche saper ascoltare, è un talento lavorare a maglia, o lavorare la terra, è un talento sentire quel che provano gli animali.

Se invece non sappiamo quale sia il nostro talento, la prima cosa da fare è cercare di individuarlo. Proviamo così a pensare a cosa ci dà gioia, cosa ci fa sentire bene mentre lo facciamo e cosa ci dà soddisfazione, cosa ci viene facile. Anche la cosa più semplice e meno “presentabile” che ci sia. Non giudichiamola stupida! Proviamola a farla di nuovo e se continua a darci gioia, continuiamo a farla. Se serve, iscriviamoci a un corso, ma sperimentiamo, sperimentiamo e sperimentiamo ancora.

Individuiamo, infine, qual è il nostro mezzo di espressione preferito. Abbiamo il sospetto sia la scrittura? Teniamo un diario per iniziare e poi magari scriviamo poesie, lettere. Frequentiamo un corso di scrittura creativa. Il nostro mezzo di espressione è la musica? Che ne dite di un corso di musicoterapica o di campane tibetane o di chitarra? È il canto? E allora cantiamo, sotto la doccia, in macchina, per strada, ai compleanni, per gli anniversari. Per il solo gusto di farlo. È la parola? Usiamola bene, con consapevolezza, perché la parola crea. È il corpo? E allora danziamo, quando siamo allegri e quando siamo tristi. Abbracciamo, usiamo il corpo appena possibile, facciamo l’amore usando ogni centimetro del nostro corpo. Corriamo, camminiamo, saltiamo!

Questo perché in un modo o nell’altro tutti ci esprimiamo, a parole, dipingendo, cantando, scrivendo, deprimendoci, tirando fuori la rabbia, facendoci – a volte – del male. Per questo penso sia meglio che a decidere come esprimerci siamo noi consapevolmente scegliendo le forme più “sane”, quelle che ci fanno stare bene, che ci rendono felici: scriviamo un libro, suoniamo uno strumento, cuciniamo, disegniamo, sorridiamo al prossimo.

bolla con alberiGiunti a questo punto, voglio anche aggiungere un’altra cosa che mi preme molto ricordare: ognuno di noi è perfetto e meraviglioso così com’è, dentro di sé ha tutte le potenzialità del mondo. Non deve attendere il miracolo dell’evoluzione, non deve aspettare di crescere o trasformarsi in qualcosa di meglio o superiore, appunto di più “evoluto”, nel modello 2.0. Ognuno di noi è già perfetto così, solo che non ne abbiamo consapevolezza e agiamo come se non lo fossimo.

Come diceva Michelangelo, nel blocco di marmo la scultura esiste già, lo scalpello dello scultore si limita a liberarla e a renderla visibile. Noi dovremmo fare lo stesso con noi stessi e con quella parte divina e perfetta che abbiamo dentro e dalla quale dobbiamo imparare di nuovo a farci guidare.

Non c’è nessun maestro esterno a cui affidarci. “Dimora in te stesso” dice il Buddha, esercitando la disciplina, confida dunque in te stesso. Troppo spesso andiamo a cercare una guida fuori di noi, quando invece l’abbiamo dentro. Tutto è già dentro di noi. Ogni strumento, la risposta ad ogni domanda, ogni facoltà. Occorre solo acquisirne consapevolezza e ritornare ad usarla. Occorre imparare a fare le giuste domande e a saper ascoltare.

Fiducia in se stessi, dunque, e non più controllo. E compassione nel senso di accettazione totale di sè, senza ma e senza se.

 

 

 

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