Salti la colazione? Sei a rischio aterosclerosi

25 Ott, 2017 da

healthy breakfastCome sa bene chi mi segue da qualche tempo, ho una vera e propria passione/”fissa” per la colazione, che sono convinta sia davvero il primo fondamentale passo per una corretta alimentazione e per prendersi seriamente cura della propria salute. Una nuova ricerca, questa volta centrata sul collegamento prima colazione-rischio di aterosclerosi, mi dà ragione.

Traduco e riporto di seguito l’articolo che parla della cosa pubblicato da Sciencedaily che riporta quanto pubblicato dall’American College of Cardiology.

Saltare la colazione è associato ad un aumento del rischio di aterosclerosi, o di indurimento e restringimento delle arterie a causa di un accumulo di placca, secondo una ricerca spagnola pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology. Consumare una sana colazione  ha dimostrato promuovere una maggiore salute del cuore, un peso più corretto e un miglior livello di colesterolo. Mentre gli studi precedenti avevano collegato la mancata colazione al rischio di malattia coronarica, questo è il primo studio che valuta il collegamento tra la colazione e la presenza di aterosclerosi subclinica. “Le persone che saltano regolarmente la colazione hanno probabilmente uno stile di vita generale poco salutare”, ha detto l’autore dello studio Valentin Fuster, MD, PhD, direttore del MACC del Monte Sinai Heart e caporedattore del Journal of the American College of Cardiology. “Questo studio dimostra che questa è una cattiva abitudine che le persone possono cambiare in modo proattivo per ridurre il rischio di malattie cardiache”.

I ricercatori madrileni hanno esaminato volontari sia di sesso maschile che femminile che non soffrivano di malattie renali cardiovascolari o croniche. È stato utilizzato un questionario computerizzato per stimare la dieta abituale dei partecipanti e, per definire i campioni relativi alla colazione, ci si è basati sull’introito energetico giornaliero consumato a colazione.

Sono stati individuati tre gruppi: quelli che consumavano meno del cinque per cento dell’introito totale di energia al mattino (salto della colazione e solo caffè, succhi di frutta o altre bevande non alcoliche); quelli che consumavano più del 20 per cento dell’introito totale di energia al mattino (cioè coloro che facevano colazione); e quelli che consumavano tra il 5 e il 20 per cento (cioè coloro che consumavano colazioni a ridotto introito energetico).

Dei 4.052 partecipanti allo studio, il 2,9 per cento saltava la prima colazione, 69,4 per cento erano consumatori di prima colazione a basso introito energetico e il 27,7 per cento facevano una colazione completa ed adeguata. La maggior presenza di aterosclerosi è stata osservata tra i partecipanti che saltavano la prima colazione, così come percentuali più alte anche nei partecipanti che consumavano colazioni a basso introito energetico rispetto ai consumatori abituali della colazione.

I marker di rischio cardiometabolici, inoltre, erano presenti in maniera prevalente tra coloro che saltavano la colazione o consumavano una colazione a basso introito energetico rispetto a chi faceva regolarmente colazione. I partecipanti che saltavano la colazione avevano anche una maggior circonferenza della vita,  un maggior indice di massa corporea, una pressione sanguigna più, oltre ad un maggior livello di lipidi nel sangue e di glucosio a digiuno. I partecipanti che saltavano la colazione avevano, inoltre, maggiori probabilità di avere uno stile di vita generale non salutare, una dieta povera, un consumo frequente di alcol e fumo. Avevano anche maggiori probabilità di essere ipertesi, in sovrappeso o obesi. Nel caso dell’obesità, gli autori dello studio hanno dichiarato che la causalità inversa non può essere esclusa e che i risultati osservati possono essere spiegati da pazienti obesi che saltano la colazione per perdere peso.

“Oltre all’associazione diretta con i fattori di rischio cardiovascolari, il fatto di saltare la colazione potrebbe servire da marcatore di uno stile di vita generalmente malsano, a sua volta associato allo sviluppo e alla progressione dell’aterosclerosi”, ha dichiarato Jose L. Peñalvo della Friedman School of Nutrition Science and Policy presso la Tufts University e autore senior dello studio.  “I nostri risultati sono importanti per gli operatori sanitari e potrebbero essere utilizzati come messaggio semplice da fornire ai pazienti per intervenire sullo stile di vita e sulle strategie di sanità pubblica, oltre che quali raccomandazioni e linee guida alimentari”.

Prakash Deedwania, professore di medicina all’Università della California di San Francisco e autore del commento redazionale di accompagnamento, ha affermato che questo studio fornisce informazioni clinicamente importanti mostrando le evidenze di aterosclerosi subclinica in persone che saltano la colazione. “Tra il 20 e il 30 per cento degli adulti salta la colazione e queste tendenze rispecchiano la crescita dell’obesità e delle anomalie cardiometaboliche associate”, ha dichiarato Deedwania. “Scelte povere a livello dietetico sono generalmente effettuate relativamente presto nella vita e, se invariate, possono portare in seguito a patologie cardiovascolari. Gli effetti negativi per coloro che non consumano la prima colazione possono essere visti molto presto durante l’infanzia sotto forma di obesità infantile e sebbene coloro che saltano la colazione tentino di perdere peso, spesso finiscono per mangiare una maggior quantità di cibo, per di più poco salutare, più tardi nel corso della giornata. Saltare la colazione, inoltre, può causare squilibri ormonali e alterazione dei ritmi circadiani.

Che la colazione, quindi, rappresenti il pasto principale della giornata è stato in questo studio ben posto in evidenza”.

Per chi voglia consultare la fonte originale (in inglese):

Irina Uzhova, Valentín Fuster, Antonio Fernández-Ortiz, José M. Ordovás, Javier Sanz, Leticia Fernández-Friera, Beatriz López-Melgar, José M. Mendiguren, Borja Ibáñez, Héctor Bueno, José L. Peñalvo. The Importance of Breakfast in Atherosclerosis DiseaseJournal of the American College of Cardiology, 2017; 70 (15): 1833 DOI: 1016/j.jacc.2017.08.027

 

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